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LAVENO MOMBELLO - 24.11.2014 - «Dimenticare quella notte maledetta» Laveno saluta le vittime della frana «Dimenticare quella notte maledetta» Laveno saluta le vittime della frana. Folla nella chiesa di Cerro di Laveno per l’addio a Giorgio Levati e Adriana Moja, vittime della frana. A portare il feretro i vigili del fuoco e i volontari della protezione civile. Il parroco: «Adesso sono angeli» . Il silenzio domina la piccola piazza di Cerro. Già molte persone si sono raccolte sul sagrato della chiesa per dare l’ultimo saluto a Giorgio Levati di 73 anni e a sua nipote, Adriana Rochely De Pena Moja di 16, uccisi dal fango due sabati fa. Una tragedia grandissima per il piccolo borgo, la collina che frana sulla casa e distrugge tutto quello che incontra.

Per accertare le esatte dinamiche e responsabilità la procura di Varese sta compiendo accertamenti. Ma ieri non c’era spazio per le polemiche. Solo per il dolore. All’arrivo delle due bare portate a braccia dai vigili del fuoco e dagli uomini delle Protezione Civile, gli angeli di quella notte maledetta, il silenzio va in frantumi distrutto dalle lacrime. -Michel Andreetti-

_ Laveno Mombello, 24 novembre 2014 - Sono stati celebrati in una chiesa gremita, con tante persone che si sono radunate anche sul piazzale esterno, i funerali del 70enne Giorgio Levati e della nipote di 16 anni, Adriana De Pena Moya, morti a causa di una frana che lo scorso 16 novembre ha investito la loro casa a Cerro, frazione di Laveno Mombello. In occasione delle esequie, che si sono svolte nel pomeriggio nella chiesa parrocchiale di Cerro, è stato proclamato il lutto cittadino nel paese affacciato sul Lago Maggiore, colpito dal maltempo. Terminata la cerimonia funebre, i corpi delle due vittime sono stati cremati: le ceneri della ragazza verranno sepolte nella Repubblica Dominicana, il Paese dove è nata, mentre quelle del pensionato rimarranno nel cimitero di Cerro. «È un lutto - ha spiegato il sindaco di Laveno, Graziella Giacon - che ha colpito tutta la comunità, che si è voluta stringere alla famiglia dopo la tragedia» -Il Giorno -

Cerro - 24 novembre 2014 - S'è sentita male abbracciando la bara della figlia: Vicky Clarissa, la mamma della sedicenne Adriana De Pena Moya, sabato 15 novembre uccisa dalla frana di Cerro insieme col nonno Giorgio Levati, il pomeriggio di lunedì 24 novembre non ha retto al dolore. E subito dopo la cerimonmia funebre, ha accusato un malore tanto da dover essere soccorsa dall'ambulanza. Sono stati attimi di panico, seguiti all'enorme commozione per la cerimonia cui avevano preso parte, con famigliari e amici delle due vittime affiancati da conoscenti e dai compagni di scuola e dagli amici della sedicenne ma anche da gente comune e istituzioni. Poi, al termine delle esequie celebrate nella Parrocchiale di Cerro, il dramma nel dramma: mamma Vicky s'è accasciata accanto alla bara della sua Adriana ed è stata subito soccorsa dai vigili del fuoco lavenesi, con la Protezione civile presente ai funerali. La donna è stata trasportata d'urgenza all'ospedale ma non è in pericolo di vita. La Prealpina -

CERRO - 24 NOVEMBRE 2014 - Mentre un orecchio ascoltava le parole dolci di una madre dedicate alla sua piccola che non c’è più, all’altro arrivavano le maledizioni rivolte a quella collina che è ancora in bilico a guardare di sotto il dispiacere che ha provocato. Nessuno, alla chiesa di Maria Vergine del Pianto di Cerro, sul lago, aveva il coraggio nel primo pomeriggio di oggi, 24 novembre, di sostare di fronte all’ingresso, calpestare gli otto petali disegnati sul sagrato a poca distanza da altri petali veri, di rose bianche, in cima alle scale. Si stava tutti rasenti ai muri: una gamba a monte, l’altra a valle. Dentro la chiesa, gremita da scoppiare si intravedevano divise dei vigili del fuoco tirate a lucido, elmetti della protezione civile e mostrine dei carabinieri per dare l’ultimo saluto alle due vittime della frana che sabato l’altro si è trascinata a valle sassi, terra, alberi e due vite: quelle di Giorgio Levati, settantenne, pescatore in pensione e Adriana De Pena Moja, la giovanissima nipote di origini dominicane, anche lei travolta e uccisa.Una folla enorme ha salutato l’uscita dalla chiesa del feretro portato proprio dai soccorritori fra un applauso composto, lucido, che ha voluto salutare un interprete del lago e le ambizioni della giovane Adriana: come si fa a non battere le mani ai desideri “della piccola grande ‘Rosci’, che voleva fare la pediatra perché amava i bambini”? O “al mio Giorgino, padre e nonno”? Come si fa a non commuoversi ascoltando i ricordi delle giornate fra scuola, compiti, partite a carte e racconti, delle emozioni che una famiglia prova quando sta in casa, insieme? “Dimenticare quella notte è l’unica cosa che oggi chiediamo”, dice la voce contrita di donna all’interno della chiesa. Una preghiera che arriva fin nel profondo dello stomaco in questa fredda giornata d’autunno, e produce le lacrime che invadono volti, guance, barbe e baffi durante gli altri brevi messaggi letti mentre le salme ancora si trovano in chiesa: una ragazza non regge, la fanno sedere su di una borsa per riuscire a riprendersi. Poi il breve percorso in discesa verso il lago e quella piccola scatola che è la piazza della chiesa si svuota e si ritrova poco più giù, proprio fra l’ingresso del piccolo porticciolo, le vecchie case di ringhiera dei pescatori e il museo ceramico. Abbracci, pianti e ancora imprecazioni, tante, verso quella collina che ha prodotto dolore; ad un certo punto la mamma di Adriana proprio non ce la fa, si sente male, viene soccorsa dall’ambulanza e dalle forze dell’ordine presenti sul posto. Tanti guardano, assistono attoniti alla scena, in silenzio, quasi a ricordare le parole del parroco durante l’omelia: “L'atteggiamento più vero e' il silenzio che parla attraverso le lacrime sui nostri volti. - Varese News -

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